Rubrica – Non sono Penelope (ma neanche poi così male)
La prima volta che mi sono sentita in imbarazzo avevo appena ricevuto un complimento da un ragazzo.
Non seppi rispondere.
Abbozzai un sorriso e abbassai gli occhi.
Mia nonna diceva che la gentilezza spiazza la gente.
Lo stesso senso di disorientamento lo avverto ogni volta che un paesaggio, un tramonto, mi si palesa e la bellezza diventa ingombrante.
Allora perdo le parole, anche se vorrei dire tutto.
Nell’attimo in cui il silenzio si fa presenza pesante, io resto ferma davanti all’opera e capisco che la tensione dei piedi è la dignità del nulla che crea.
Non c’è differenza fra l’emozione spogliata e il corpo nudo.
Quando lo sguardo accoglie il devoto imbambolato, l’uomo o il mondo – nell’attimo in cui la vita accorda l’amore – si riconoscono nella stessa cosa.
Sono una donna di ogni età, sono bellezza presa a riprese, mentre crescevo e non sapevo portare i fianchi e neanche la magrezza, il corpo era pelle appesa alla personalità.
Avevo spalle flesse come un giunco, ma sapevo che il vento non mi avrebbe scosso per cadere.
Sentivo che quell’immagine era l ‘istantanea di un’ espressione, di una mente sinuosa che voleva imbellettarsi per la vita.
Ci vuole costanza, ricerca, la curiosità che diventa cura e non ha occhi altrove, l’amore resta fedele.
Lo sport e l’alimentazione sono quello che serve per fare dell’abitudine un’amante puntuale, che non dorme di spalle.
La bellezza immediata è la donna consapevole di quello che indossa, quella che porta le imperfezioni con la stessa disinvoltura di una scarpa scomoda.
Non sono d’accordo con la controcultura della moda, con quelle che la scarpa da ginnastica fa l’abito originale.
Penso che la vera espressione venga fuori quando ci si riesce a calare nei panni che non c’appartengono, come un’attrice che interpreta un ruolo diverso, come un dress code in un contesto che non è più lo stesso.
Per quel che mi riguarda, non ho mai saputo portare le scarpe basse : la bambina con il piede valgo correva sui tacchi e inciampava nelle scarpe basse.
Ho lavorato molto su me stessa e per la prossima vacanza – a passeggio per le isole della Grecia – mi sono regalata sandali gioiello.
Mentre seguivo i cambiamenti e non guardavo l’altra gente, ho fatto della moda uno stile che sa cambiare senza cambiarsi.
Al centro, fra il mio essere imperiosa e sognatrice, trovo una donna elegante che non ride.
Sono ferma in quell’espressione, lo sguardo, il tramonto, nella posa austera della donna nuda che desta spavento, mentre aspetta che una mano l’accarezzi.
Ho faticato ad accettare il cambiamento tutte le volte che qualcosa nella mia vita è cambiato, ma, forse, accettare che tutto cambi, è l’unico modo per conservare la meraviglia della natura selvaggia che c’appartiene.
L’urgenza del bello, non è forse questo che fa l’uomo fuggiasco della stessa vita che crea?
Si può restare fermi e sentire la stessa leggerezza sotto ai piedi, in quella tensione buona che non dice niente e crea.
Questa è l’arte della vita, del corpo e della mente, che cambiano seguendo forme diverse e uniche e resta sempre bellezza.
Quando sarò in spiaggia mi stenderó al sole ad asciugare le ombre dietro agli occhi e guarderò la bellezza in faccia.
Quella delle mode senza orpelli, della nudità che stringe forme negli occhi, aggrappando raggi in fronte.
Ecco.
Ho la fronte corrugata e non mi sento vecchia: ho un giovane sogno rimasto dentro agli occhi.
Mi chiedo se il broncio che mostro faccia rumore quanto la risata che non si ferma dentro, chi poi lo sa che amo la luce in casa e l’aria.
Sono convinta che la gente che mi vede per strada sappia ben poco dell’amore avanzato, del blog in cui ho chiuso l’anima – mentre l’aprivo al mondo – della vita in rosa di cui parlo, di un colore che neanche amo, ma in fondo mi dona.
Il fatto è che nessuno è disposto a mettersi a nudo, mentre si spoglia e scatta selfie.
Forse abbiamo bisogno di mostrare un trofeo, mentre torniamo a casa a bere, pensando a cosa abbiamo vinto.
Se poi qualcuno ci ha capiti davvero.
Come un’estate di tanti anni fa, quando aspettavi il pomeriggio per passeggiare sul molo con la gente distratta.
Chissà cosa pensavano tutte quelle persone mentre incrociavano i cammini e gli sguardi, forse erano le stesse solitudini condivise che siamo oggi.
Tutto quello che ho capito dell’amore è che l’imperfezione è la donna sposa.
È la contemplazione.
Siamo corpi stesi a riposare l’anima, di profilo, in fianco alla vita.
Questo è tutto quello che ho da dire.
Ho provato ad essere diversa, composta, pensiero etereo, gonna di tulle.
Invece sono spessa e spettinata, silenzi grossi, come quelli che seguono un rullo di tamburi.
Frastuono nascosto in una discrezione che non inciampa, solo perché accavalla le gambe.
Aurora Ariano
“Datemi una maschera e vi dirò la verità.” diceva qualcuno. Hai proprio ragione: ci spogliamo sui social ma non ci mettiamo a nudo. Un blog può aiutarci a dare parole (anche apparentemente per altri senza senso) al nostro essere. I tuoi occhi, che vedo in foto, parlano una lingua sconosciuta ma che leggendoti possiamo, forse, tradurre.
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Tutto quello che voglio è dare parole nude all’amore. Quale sia il suo nome, la sua faccia, il suo pensiero, è storia vostra.
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