Rubrica – Non sono Penelope (ma neanche poi così male)
Servono solo un paio di occhiali da sole, per nascondere la vita che passa negli occhi dalla vita che passa per strada.
Cambiano le forme e le mode, chissà se riusciamo a stare al passo, senza che gli occhi si raggrinziscano, foglie fuori stagione.
Se solo sapessi leggermi negli occhi, della moda vedresti un’espressione decisa.
Ora lo so – che gli occhiali sono vezzo di una vanità accessoria – ora che gli occhi non cercano riparo dal sole e da te.
Ora che la mia anima avida, dei fallimenti tornati incontro a pretendere, non ha più nulla da rischiarare.
Non servono filtri di fronte a un tramonto, a un colore – fosse pure poco vivido – che sfuma il cielo e ancora vedo amore.
Luna di speranze pallide di vita incerta, di cervi volanti che alzano misteri e fascino, lascia che veda l’amore cambiare forme, come sono cambiata io, neanche poi troppo.
Io che guardo la notte sveglia come una mamma o una tenera amante, io che le perdono il buio e non mi perdono, io che di giorno mi fingo distratta, sperando che dai tacchi il mondo cambi.
Un’altra notte è arrivata, gli occhiali sul mobile all’ingresso riposano la giornata al fresco.
Mentre giro per casa avvolta nel velluto elegante della signora scura, mi sento larga come una bambina fuori dalle sue vesti, che gioca a sognare in grande.
Questa notte i pensieri afosi mi saltano addosso.
Ed io sto là, a trasudare l’anima e a sudarla, mentre impreco amore e dopo tremo.
Siamo io e la mia vita: le relazioni a due sono abbastanza impegnative e io una fedele.
Farsi un’amante, una vita più bella, sarebbe già finita.
L’impazienza celata al mondo dal passo felpato del mio pensiero più bello, che arriva, sicuro, mentre lo guardo attonita.
Dicono che questi occhiali siano di tendenza, che Gigi Hadid sia una modella in gamba, che resta se stessa, mentre cambia un paio di occhiali al giorno.
Volevo guardare una vita in rosa, scordarmi un amore, invece non l’ho dimenticato, l’ho visto in ogni cosa.
Da qua dietro vedo l’umanità in eccesso che per strada sembra piccola e senza direzione, parole, impegno, dire engagé sarebbe più stiloso.
Mi accorgo che nella normalità siamo tutti poeti del niente, con qualche pensiero buono.
È faticoso seguire la gente.
Seguirsi, tuttavia, richiede uno sforzo in più.
Reminiscenze scadute mutate in un’idea, è bellissima la decadenza in défilé.
La frustrazione di essere sempre in preda al dubbio, mentre incroci i piedi e arrivi in fondo.
Mani in fianco, inchino al mondo.
Parlar loro – agli estranei che danno calore – è un lavoro duro.
Richiede riconoscenza – quella che non sempre mi do, per stendermi un attimo al sole – ma non scotta la pelle.
È un calore avvolgente, l’empatia, l’unico bene non sostituibile.
E se domani si alzerà il vento ed io sarò niente, lascerò gli occhiali a casa, a riflettere le parole che non servono più in silenzi che dicono tutto.
Qui, in questa casa, dove un tempo abitò l’amore in bianco e nero, tu prendi gli occhiali rosa.
Vedrai da un vetro l’asprezza mia strusciata di sensibile, riflesso impresso nella mente in una fantasia.
Mi immaginerai così, camminare per strada, a chiedermi come il mondo mi veda.
Se poi mi ricambierà gli occhi.
Aurora Ariano