Genio e sregolatezza

È difficile oggi parlare senza temere giudizi.

La rete è una cassa di risonanza, un eco che fa arrivare voci fino a posti lontani, così si finisce per non riconoscersi più nell’estraneo che siamo diventati dall’altra parte del cielo.

Ho parlato molto di femminismo, ma non vorrei mai che qualcuno mi chiedesse cosa significhi per me questa parola, sarei una sposa che vuole l’amore senza la gente intorno ad applaudire.

Come se qualcuno potesse violare l’intimità di un sentimento, che sappiamo solo noi, fuori dal letto non siamo più gli stessi.

Come si fa a mettere un fiume dentro a un secchio, senza temere che il senso si stagni in un concetto chiuso?

Che puzza di marcio, perdendo il respiro ampio della libertà.

Ho pensato molto prima di scrivere quanto sto per dire e neanche so se la mano seguirà questo sentire senza stravolgerlo.

L’amore mi ha sempre fatto paura, per questo ho sempre amato tanto.

Se avessi avuto una sola certezza, avrei venduto libri di parole e sarei stata come quell’eco inconsistente.

Avrei venduto al mondo l’estraneità, senza intascare piacere.

Invece, se infilo la mano dentro a questa nudità, posso godere di questo contatto, sentire il corpo che risponde all’amore, senza temere scandali.

Il giudizio è un falsario che inganna se stesso con la paura di non piacere, vende falsi d’autore per compiacere, poi la notte si masturba per un desiderio.

Forse per questo la gente continua a lamentarsi di tutto e di niente, in una melodia lagnosa che non si inquadra più in un genere.

E allora perdiamo i ruoli, mentre rivendichiamo il sesso, che senso ha azzuffarsi se non sappiamo più fare l’amore.

Un giorno ho letto un tweet scritto da Lorella Zanardo, scrittrice e femminista.

Sono rimasta colpita da come abbia affrontato la paura del giudizio, scrivendo di un suo desiderio.

Diceva di voler vedere uno spettacolo del ballerino Russo Polulin, di recente al centro del mirino per i messaggi social, con cui si è guadagnato l’etichetta di “omofobo”.

Il messaggio della Zanardo diceva che l’arte non ha a che fare con l’etica, che si può apprezzare un talento senza condividerne le idee.

D’altra parte i grandi artisti del passato, pittori di eccellenza, vengono tuttora ricordati per il genio e il talento, nonostante le manifeste tendenze misogine.

Sarà che in un’epoca così lontana dalla nostra, era quasi “naturale” relegare la donna ai margini, la società era chiaramente maschilista e nessuno parlava di femminismo.

Probabilmente nell’odierna società – dove grazie a una storia di lotte la donna ha rivendicato il suo ruolo e i suoi diritti – sarebbero tacciati a scapito della loro arte.

Io penso che oggi sia facile essere fraintesi, perché è diventato difficile esprimere un concetto slegandolo dalla propria storia, dal proprio sentire profondo, con la pretesa che chi sta dall’altra parte riconosca quella voce, quel grido.

Di contro, chi riveste un ruolo di prestigio, farebbe bene a denudarsi invece di vestirsi di un concetto o preconcetto.

La danza arriva perché è il corpo che parla e il corpo non risponde che alla natura di quello che siamo.

Le parole non contano più.

Non lo so se un uomo cresciuto in un ambiente che ha conosciuto il pregiudizio – come quello della danza – possa definirsi omofobo.

Penso invece che a volte per rivendicare la propria identità si finisca involontariamente per distruggere quella degli altri.

Ho visto donne vestirsi di potere per rivendicare una storia di soprusi, uomini tornare maschilisti perché orfani di ruoli.

Quanta confusione.

Cosa vogliamo?

Chi siamo?

Qualcuno dice genio, qualcuno sregolatezza.

Che importanza ha se non siamo uguali, un uomo sa sempre riconoscersi.

Adesso mi vedo, questo è il mio passo, mi è costato una vita di esercizio.

I primi libri che ho letto sono stati di Oriana Fallaci.

Amavo la sua fierezza, le sue posizioni, il suo modo rivoluzionario di essere donna e scrittrice slegata da ogni ruolo, persino da se stessa, quando – in “Lettera a un bambino mai nato”- finisce in lotta col suo stesso giudizio.

Fu al centro di critiche per la sua storia d’amore con un leader della Resistenza greca, Alekos, ma io continuo ad amarla e ad amare le contraddizioni mie e sue.

A sporcare il sentimento non è la debolezza, solo la menzogna.

Quello che manca nella nostra epoca è il sentimento, lo struggimento delle canzoni d’un tempo, dove persino un lamento era malinconia.

Forse dobbiamo imparare a sentirci e a sentire il vento, così da non avere più paura di una voce che trema, di un eco, perché sapremo riconoscere quell’estraneità.

La nostra e quella del mondo.

Aurora Ariano

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