– Siamo sempre in relazione –
Rubrica – Non sono Penelope (neanche poi così male)
“Ora sono single”.
Mi è capitato di sentire e pronunciare questa frase, un sospiro o un respiro ne hanno cambiato il senso.
La relazione era finita o stava per iniziare?
Si pensa cambi la vita, è solo una prospettiva.
Essere single non significa necessariamente essere soli.
Essere soli non significa necessariamente essere tristi.
Ho vissuto la tristezza e non ero sola, ma neanche sentivo di stare in relazione.
Se penso a quel periodo, non posso dire che abbia scelto la solitudine.
Quel vuoto era una voragine e io l’ho riempito di ogni cosa.
Pozzo nero, chissà cosa nascondeva.
Ora che nessuno annichiliva la mia esistenza con una tristezza anestetizzante, non riuscivo a donarmi allegria.
Come si fa a restare connessi a se stessi?
E perché la gente lascia l’amore per ritrovarsi?
Ritrovarsi da chi, per trovare cosa?
Me lo sono chiesta spesso.
Perché spesso ho visto chi ha aspettato il tempo giusto per lasciarsi e trovare l’altro.
Per stare con sé, come se la vita in due fosse un posto affollato e il mondo una pineta dove guardare il mare senza essere travolti.
Difficile la relazione, perfino con me stessa.
Ma io non mi lascio.
Sono madre di una me che è nata con un grido, è venuta al mondo senza chiederlo.
E io l’ho fatta campare, affinché imparasse a vivere.
Non volevo essere single, ma è finita perché non abbiamo saputo rinunciare a noi.
Dentro a quella fusione, mi sentivo felice, sapevo chi ero e dove stavo andando.
Poi non lo vidi più.
Lui, l’amore, si era perso dentro a una vita che era nostra, ma continuavo a sentirmi sola.
Qual erano le mie abitudini?
Perché avevo cambiato tutto?
E perché lui non lo aveva fatto?
Sono serena.
Se avessi una risposta, non saprei che cos’è l’amore.
L’amore non ti annulla, se fai qualcosa perché ti dà felicità, dopo i rimpianti lasciano il tempo che trovano.
Nel mio caso, hanno lasciato riflessioni.
Che hanno riempito i vuoti.
Ho scoperto il valore della solitudine che non resta da sola, mai sono stata tanto connessa a me.
Quante parole in quei silenzi.
Guido verso il mare, penso a cosa voglio fare.
Respiro una libertà pesante, la spiaggia è vuota, ma cammino sopra la battigia incontro al mondo.
Cosa mi rende felice?
Perché il mondo continua a sembrarmi così bello?
Il mare si è preso tutta la malinconia e mi ha lasciato un gran da farsi, prima che la vita si asciughi come le lacrime.
Un attimo con me per capire che il mondo non è così diverso.
Sono tornata in mezzo agli altri, per mischiarmi all’estraneità che non si nasconde dietro a un falso nome, non mi chiamare “amore”.
Tanto la gente si presenta e poi ci scordiamo il nome, restano i momenti a fare la relazione.
Attraverso la strada con le mani in tasca, bastano gli occhi a toccare la vita.
Mentre guardo la gente che passa, mi chiedo perché tutti abbiano il capo chino, se poi sui social tutti postano il cielo.
Perché il buongiorno non abbia una voce da ricordare e le chat siano single che non si bastano da soli.
Solitudini con il telefono in mano, io voglio stare con me.
Non ho mai rinunciato alla solitudine mia, neanche quando ti ho incontrato.
Non ti dissi nulla.
Le parole erano lettere cadute in fondo al pozzo, dopo la pioggia l’aria non profumava o io non la sentivo più.
Sentivo solo un uomo che voleva parlare con sé, gridare i suoi sentimenti e io li ho ascoltati come si ascolta una storia.
Non era la mia.
“Non andare via – ti chiedo solo questo – resta.
Solitudini condivise, non è cambiato niente.
Ti sento parlare con i gatti, mentre sono nell’altra stanza e leggo un libro, da sola con me.
Chiudo gli occhi e mi addormento con il suono della tua voce o quella del mondo.
Non ho piu paura del buio.
Il buio è il cielo nella sua solitudine, mentre di notte mi resta accanto.
Così ti aspetto a letto con gli occhi chiusi.
Non ho bisogno di vedere niente.
Mi sento.
Ti sento.
Siamo in relazione.
Aurora Ariano