Pensieri insieme

Ho sentito la vita. La vie en rose. Ho preso quell ‘odore e ne ho fatto senso. Così son nate le parole.


Panni stesi sui fili del tempo, la cura delle mani mie il vento nasconderà in una piega. Ma io saprò trovarla. Io saprò trovarmi.


Tutto quello che voglio fare è scrivere. Che cosa, difficile dire. Gli abiti preconfezionati non sono di classe. E il lusso non é lontano dalla massa.



E invece la vita è fiore che nasce e appassisce. In mezzo, la bellezza resta.


Cantami dei tuoi dispiaceri come si canta di un amore andato, con la stessa malinconia, che, dopo le lacrime, torna alla vita.



Il bello della scrittura è il dubbio che prende alle spalle ogni parola, la carta stropicciata dopo lo scritto, noi non siamo perfetti. Ma siamo umani. L’umanità è scoprirsi migliori.


Dal terrazzo di casa vedeva tutta la città. A cosa serve un attico, se non a superare la paura dell’immensità?


La punta della lingua per trattenere le parole che non trovo, ma sono lì. Per toccare un dolore che preme. Per strusciare piacere. Per leccare poesia, appena il tempo che si alzi una piuma.


Per una volta voglio essere a pezzi. Dalle frasi scomposte nasce un libro.


Non vado fiera di tutto quello che ho fatto nella mia vita. Ho sudato dentro alla mia pelle, ma conosco il mio odore.


Ogni volta che ho una paturnia, Tiffany è troppo lontano, allora faccio colazione su Twitter. Gatto mi gira attorno e spera che il nero non valga solo per il tubino.


Pensavo fosse indecisione, invece era una fisarmonica.


Sarebbe stupido non essere stupidi insieme.


Quando non è il momento giusto, non è l’uomo giusto.


Message in a Bottle è l’antesignano degli SOS che scriviamo al mondo, fingendo di buttarli lì a caso.


Finché l’uomo salverà la natura, potremo ancora sperare di mettere scarpe comode e camminare in cima ad un sentiero, per vivere un altro pó, oppure morire dentro a un’emozione.



Non penso mai alla fine, la vita dà già un gran da farsi. Ma un giorno vorrei avere lo stesso odore nelle narici, la dignità di un gatto che va a morire solo, in un’intimità nuda, che ritorna alla vita.


Non ho ancora capito se voglio cambiare o restare uguale. Se voglio essere natura o tecnologia. Se flectar non frangar o frangar non flectar. Al centro. Di me.


Le emozioni sono una folata, un soffio impetuoso.


Vediamo. Non faccio l’ attrice, sebbene ci metta la faccia. Non faccio la stilista, sebbene ami la moda. Non faccio la scrittrice, sebbene scrivere sia la mia vita. Bilanci. In fondo sono tutto quello che sento di essere, questa è l’unica cosa che conta.


Penso a New York e al quartiere Harlem. A quel 2008. Alle bancarelle dove la faccia di Obama era onnipresente. Ai negozi con i berretti e gli articoli da baseball. Alla chiesa battista e ai due giganti neri che cantavano la messa, e noi tutti avvolti nel calore del gospel.


Spettinata e bella come un fiore di campo, camminava con il vento in testa e una mano in tasca.


La società di oggi è uno spicchio di arcobaleno, quello sul finire, la striscia viola e la morte negli occhi. Ma il cielo insiste a creare uno spettro che non fa paura, dopo la pioggia colora il cielo, torna la vita.


La bellezza è crollata, incenerita sotto agli occhi increduli di chi guardava in alto. È sconcertante il vuoto di qualcosa che non hai toccato, ma amavi già. Notre Dame, tu es l’amour.


Nessun tableau marriage, alle emozioni il posto d’onore. Saremo solo io e te. Mentre la gente poserà gli occhi sulla schiena scoperta, tu mi vedrai nuda.


Certe mattine cucino perché l’aria si riempia di buono. Il benessere parte sempre da un odore che non va via.


Se ho nostalgia di qualcosa che non ho visto, che non ho vissuto,quello è il vinile. Se dovessi spiegare perché oggi i rapporti non durano più direi che il vinile è scomparso. Non si vede più. Per fortuna il vintage è di moda. E io torno romantica. Metto su un vinile, va.

Il vinile ha un fascino fuori dal tempo, che rende palpabile le emozioni. Sotto le dita, sotto il rumore della puntina, il fruscío dell’amore che canta e dal nulla qualcosa scalda.

Lavorare in radio è una figata. Una stanza di vinili, una voce e un sottofondo. Potrebbe essere qualsiasi posto del mondo. Una città. Una mentre. L’importante tu senta.


È che non abbiamo niente per cui struggerci e allora ci struggiamo per niente.

Mi sento mille persone e non sempre sono in vena di chiacchierare con tutte.

Non mi so raccontare, perciò leggimi d’un fiato.

Non so cosa scrivere, ma se poteste vedere con quale veemenza la mia mano chiede parola, le chiedereste di continuare.

Forse siamo troppo simili. Ti guardo e mi vedo riflessa, ma non è la calma di un lago.

Mi piace vivere nelle mie regole e nelle mie abitudini. Quel cavallo a briglie sciolte del mio istinto quasi resta mansueto a farsi coccolare, senza addormentarsi.


Ho ben presente l’estensione vocale. Quella della fine. Delle canzoni. Delle storie. Degli orizzonti che parlano ancora.


C’ho messo un po’ per “aggiustarmi” l’alimentazione. È dura conoscersi a fondo. Capire cosa ha bisogno di un supporto, di un esercizio stabile, cosa invece ti riempie. Il miele è preferibile allo zucchero, lo dico sempre a chi spaccia l’adulazione con la dolcezza vera.


Che poi pur volendo, non ho tette da uscire. Sebbene adori la loro forma, mi fermo alla punta di ironia colta, alle rotondità delle parole e a ogni curva in cui ci siamo sfiorati, increspando la pelle.


Molti mi chiedono perché Twitter è la mia casa. È semplice. Posso girare nuda senza imbarazzo. Non temo la volgarità negli occhi di chi vede, nessuno mi ha mai mancata di rispetto. Frivolezza e serietà sono la stessa cosa, tanto stiamo bene insieme.


Pare facile, come quelle canzoni che le senti e sono fluide, armoniose. Pare facile, come le ballerine leggiadre che volano dolcezza vestita di tulle. Pare facile, la vita. Quel sorriso costava fatica.

Sono io che sono una purista. Io che vendo le emozioni grezze a chi le osserva nei loro tagli, senza chiedere sconti.

Il vero analfabetismo è di chi non sa usare le parole, nonostante le conosca. Riempirle di vita, svuotarle di disperazione, sudarle, biascicarle, esprimerle. Le parole io le tenevo sotto la lingua, nonostante avessi già gridato tutto.


Il Sole e tutte le cose che brillano di luce propria.


Amore altalenante che rischio di cadere, a mezz’aria saprò se posso fidarmi di te .


A volte leggo i Tweet della gente e mi ci perdo dentro, sguazzo dentro alle parole loro, cerchi concentrici e mi aggrappo a quella perfezione, dove io sono l’elemento intruso, ma in quel momento mi sento a casa.


È sera ed il cielo è chiaro. Dev’essere il principio delle cose belle.


Dentro a un alito di vento, il respiro della vita.


Ci penso a quella notte. Ai nostri programmi di aspettare il tempo che non voleva più aspettare. Nemmeno noi. Vetri fumé che oscuravano il passato dentro a una nuvola di fumo, noi non ci perdemmo. Restammo lì, reali. Come quella notte di fumo, che passó e rimase l’amore.


Gli uomini di oggi hanno perso la ragione, perché le donne hanno perso il cuore. Nascosti nello stesso posto, avviamoci insieme a cercarli.


Dammi evidenza. Dammi colore. Fammi un ritratto. Fammi Andy Warhol.


Siamo più abitudinari di quanto vogliamo definirci. Il ribelle fa figo, ma a dire il vero mi ha annoiato questa storia. Come quella delle urla che dimostrano carattere. Prendere le decisioni, quello è carattere. La libertà senza responsabilità è un gioco per bambini grandi.


Invece io ci penso al domani. A tutti i modi per catturare il cielo, scienziata senza meta che inventa la vita.


Al netto delle spese, diventiamo persone sicure. La sicurezza è un esercizio di consapevolezza, costa fatica. La capacità di scarnire le paure attorno, modellarsi dal disagio. Noi siamo le nostre creazioni.


Voglio un lavoro che il pensiero sia festoso come il mio cane all’arrivo.



Aveva spina dorsale e un brivido verticale. Quella donna – schiena nuda e chignon alto – mostrava il volto di spalle.


Mi scoprirei il ventre, ma ho già scoperto l’anima.


Quei profumi che non ci sono, ma tu li senti lo stesso.


Quando finiremo di approcciarci come fossimo curriculum forse riusciremo a leggerci davvero.


Un alone attorno agli occhi. Deve essere l’ombra di chi eri per me.


Vecchi di amori invecchiati, spremono grappoli di certezze avvizzite, ancora avidi di vino buono, mai sazi dell’amore.


Mi piace giocare con la fantasia. È che non ho mai visto posare la normalità, con i suoi sentimenti e le sue imperfezioni. Si offrono modelli, utopie, false verità, nudità che non si mettono a nudo. Nessuno si scandalizza, per carità. Il fatto è che nessuno si sorprende.


Immagino lo scenario della natura, ne sarei parte. Come una sua estensione distratta, di fronte a chi la guarda incredula.

Vorrei legare i significati in foto dove il luccichio degli occhi si leghi alla malinconia. Il corpo con le sue spigolosità, camice informi, pantaloni che aderiscano a me. Vestiti leggeri, contrasti forti. Capelli che cotonano pensieri, finti spettinati,questo è il mio ordine.

Personalmente, vorrei che la tecnologia mettesse a fuoco la natura. Non sono una fotografa, ma la mia visione è una prospettiva e noi che ci guardiamo dentro. Seduti sopra all’erba. L’odore di bagnato, ma non piove più.

< Da sola, mentre fuori non crescevano più speranze, ho raccolto fiori d’arancio. Ma chi sono per fare tutto questo? Io sono la sposa che attraversa il deserto. Io sono la sposa dei visionari. Io sono la sposa di Pierre Cardin >.


L’Aurora nasce raramente, dentro alle cose effimere che non si toccano – che sanno di cielo – ed è meraviglia piena.


Portami a letto ogni sera, aspetterò che tu spenga la luce. Saremo marito e moglie.


Occhi di cerbiatto e la sua voglia di una dolcezza che seguisse il selvaggio , senza spararlo.


L’esercizio al buon umore consiste nel tornare a casa – dopo una giornata brutta – e fare in modo che diventi bella. In fondo, non è finita.


Quando mi sento soddisfatta per qualcosa mi premio con il riposo pieno, quello che non è nonsense. Il riposo delle azioni lente, godute, mentre dentro corro.


Chissà le dame del passato come facevano a indossare vestiti pomposi e corsetti. Per non parlare delle parole chiuse in ricciolini stretti, che si liberavano alla sera, nei pensieri. L’immagine conforme allo stile di vita, all’etichetta. Oggi, vestiamo personalità.



Ci vuole un guardaroba nuovo che si adatti a questo vento di freschezza che mi tira addosso e io svolazzo – sfacciata – l’allegria.

Pensavo che non avrei saputo vivere senza di te. Ma la gente non muore per amore, per amore vive. Così, col principio di chi vuol vivere ogni cosa nel modo più pieno, io amo.


Sono andata a prendermi un esame e una parte di me che avevo lasciato per strada. L’abbandono è un reato, ma mi sono aspettata, fedele.


Il rapporto con il mio animo in una frase. < Poetessa di nicchia in relazione col mondo>.


Il mio linguaggio non è fluido. È ricercato, spesso troppo strutturato perfino per me. In compenso, le mie emozioni sono dirette, forti. La grazia e la forza. La scrittura mi ha insegnato il femminismo.


Dicono che a contare siano i fatti. Di fatto, sono passati. Le parole le ho ancora dentro.


Sono una lettrice compulsiva del mondo.


Penso che l’effetto catartico della scrittura sia trifasico : quando scriviamo e ci liberiamo da quello che siamo; quando rileggiamo – a distanza di tempo – e ci liberiamo da ciò che siamo stati ; quando gli altri leggono e le parole si liberano da noi.


Stasera ho il volto stanco, quasi intravedo le occhiaie. Ho sottratto tempo alla cura per la cura del tempo. Stasera è andata così. Non mi sento sciatta, ho messo ordine in me. Come una chioma arruffata, dopo una notte d’amore.


Fra poco tirerà un’aria diversa, serate e cantalupo a fette, spicchi di luna e sorrisi a metà. L’esate è un ordine cosmico che precede il mio.


Da piccola scrivevo lettere a mia mamma di celebrazione, tutte divise in atti, sembravano copioni. Certo, tanta fantascienza, nei punti in cui giuravo di difenderla da leoni, ma il finale, un po’ scontato, la emozionava sempre. A vederle in cassaforte, mi sono emozionata io.


La vita e i salti che sono ostacoli , voli (per lo più pindarici), atterraggi appresi dai nostri gatti, qualche volta emozioni in caduta libera.


Mia nipote, un anno. Ha riportato in auge il baciamano. Tutti gli uomini di casa le devono baciare la mano. E le donne. E i parenti tutti. Che nessuno le insegni a leggere il Galateo.


Un velo sugli occhi e non vedo più la gente, è solo struggimento. Figure sfocate, la pioggia mischia tutto quanto. Alle lacrime non servono confini, abbiamo già speranze liquefatte a macchiare pensieri immacolati. Dentro a questo mondo vedo ancora farfalle.


I sogni e le prospettive che han vita di rose, annuso l’odore andato, ma dalla finestra vedo che il sole durerà di più.


Adoro i sorrisi aperti. Quelli che prendono tutto lo spazio, tirano i contorni degli occhi e l’allegria della gente. Quelli invadenti, ma tu li lasci fare, felice.


Le emozioni non sono replicabili neanche da noi umani, figuriamoci da una macchina. L’intelligenza emotiva è fra le poche cose che ancora ci dà controllo e che ci fa diversi in mezzo alla concorrenza. Competenza o attitudine, non si sa. Forse è solo umanità.


A volte rileggo appunti e considerazioni e niente, vado in difficoltà, oppure ci rido su e – mentre cammino fino alla cucina – mi vedo dottore che ancora cerca la cura, intanto ho trovato il caffè.


Nella vita ho lasciato e sono stata lasciata e in entrambi i casi mi sono sentita in colpa.


Ogni volta che piove o c’è il sole io penso a chi suona una chitarra ed attorno ogni cosa rientra in un confine che non la perde, tutto il senso è nelle mani mie. Quella musica di sottofondo riempie gli spazi senza opprimerli, ineluttabile accordo con la vita.


L’unica barriera che vorrei vedere è quella corallina. Immergermi fra tutti i pesci, senza sentirmi diversa.


La follia è la vita che ti toglie il fiato, ma non sei morto.


Quando sento dire che “fuori è la vita vera” penso sempre che dentro di me tutto sa di vero. E tutto il vero io lo metto qui, dentro a questa casa, dove gli uccelli cinguettano, ma non sono in gabbia.


Che poi scrivere mi diverte. Nonostante gli struggimenti, intendo. Costano fatica, energie. Ho pensato che tutto questo è molto simile all’amore. Voglio che sia per sempre.


Mi chiedo sempre come la gente scriva i twitt. Alcuni sembrano scritti per qualcosa. Per qualcuno. Come se la finestra fosse aperta e noi finti distratti ad acconciarci i capelli, per chi guarda dall’altra parte. Mi piace questa scena, guardo e sorrido. Ma io sono un egoista.


La cosa che più amo di Twitter è che siamo tutti tremendamente lontani e tremendamente vicini. Eroi caduti che festeggiano l’umanità.


Alcuni tweet non hanno senso, esistono per il fatto stesso di essere in vita e inventare una trama, dove un’opinione peccherebbe di banalità. Intuitivi, sagaci, precoci.


Possibile che in ogni foto mi veda diversa. Eppure era un attimo fa. Che fatica raggiungermi. Il tempo cambia facce e percezioni, ma io continuo a guardarmi, per non dimenticarmi.


La donna androgina della nuova generazione somiglia a un uomo, ma non è un uomo. Il punto vita, questo è il punto. La vita.


Penso che la femminilità non abbia nulla a che vedere con l’abbigliamento e l’ostentazione. È una questione di atteggiamenti, movenze,personalità tutta che non scinde il corpo dalla mente. Così cammino me tutta,me intera. Sopra i tacchi fino a casa. Poi scalza, ancora nuda.


Dammi una parola, una lettera, pure fosse scarlatta, per portare dentro un sentimento che non mi ha tradito, mentre gli altri puntavano il dito.


La fantasia vede cose che dentro agli occhi non entrerebbero tutte insieme, senza coprire un po’ di verde, lascio i pensieri nella mente, la speranza dentro alla realtà.

Aurora Ariano































2 risposte a "Pensieri insieme"

Lascia un commento