Storia di tulipani

Successe nel XVI sec. che i tulipani furono importati in Olanda e la loro coltivazione divenne popolare, al punto da indebitare i più poveri, che investivano in costi che non potevano sostenere.

Tutti volevano i tulipani, tutti investivano, tutti avevano tutto e, poi, niente.

Mercato inflazionato quello che portò alla bolla speculativa, quello che, oggi, fa di tutti i giovani nuovi investitori in una realtà lo stesso massacrata dalle continue richieste di tulipani, sentimenti anneriti da un tempo che ha logorato colore, così si è persa la diversità.

Il mondo ha messo in vendita qualcosa, una foto, una nuova modalità di relazione, così l’amore esiste solo se qualcuno vede e dichiara “love” a una storia, a un’immagine.

Storie senza storia, senza correlazione, si condivide tutto, tranne l’amore.

Ho sempre avuto paura della modernità, mostro, buio, ad incenerire i petali miei che avevo coltivato con cura, osservandoli crescere, cambiare, adattarsi, senza sradicarsi dall’appartenza a Sé, alla terra umida della vita vera, vissuta, a quell’odore che non riuscivo a sentire fuori dal campo, fuori da me, in connessione col mondo.

La velocità dell’innovazione che non innova chi invece resta fermo dietro a uno schermo, a non inventare l’amore con la fantasia e con l’emozione.

Si segue cosa, chi, per cosa e chi viviamo e investiamo il tempo nostro senza costruire?

A chi la regaliamo questa vita che ha perso battiti e cerca campo, per non sentirsi morta, e poi non sa più camminare a piedi nudi in mezzo ai tulipani.

Gli attimi senza battiti, quelli in cui qualcuno mi ha chiesto il contatto, senza entrare in relazione, eppure eravamo di fronte, a scambiarci la possibilità di esistere, senza viverla.

La verità è che siamo pessimi investitori, tutti a emulare la concorrenza, senza spendere in un’idea.

La gente sceglie i falsi senza più inganno, perché somigliano a qualcosa che sognano ancora, ma che richiede investimento, lo sforzo di andare controcorrente.

Il Sé fatica a riconoscersi in mezzo alla folla che si sbrana senza un motivo, una donna, per cui valga la pena tradire la Patria, non c’è gloria, uno straccio di valore per cui il cuore possa riprendersi dagli attimi di niente in un niente atteso.

Un Sè senza un’etichetta, che si presenti con il nome suo, con un tono, uno sbadiglio, un imbarazzo mascherato da un sorriso smorzato, un tulipano con un proprio posizionamento, branding costruito, storia narrata con un prima e un dopo, coltivando, in attesa di chi colga senza comprare.

Ricordi cosa mi dicesti a proposito della bellezza?

Io lo ricordo bene, perché ero fra la folla, i piedi sfregavano la terra che mi facevano viva, che mi facevano me, e che all’improvviso venne meno.

Accusai lo smarrimento, il campo era vuoto, tu mi avevi colto e messa in imbarazzo per la mia bellezza imbarazzante, ma io non vedevo più il sole.

E allora te lo inventasti.

Mi raccontasti di quando andavi al mare a fare il bagno fuori stagione, perchè non potevi aspettare la gente per riscaldare il cuore.

Dopo di te, il mare si riempí di passanti, che avevano trovato il coraggio di cogliere un raggio di luce, seguire una storia vera, dove i tulipani erano persone che volevano seguire l’onda con un ritorno, emozione sulla pelle, risate, divertimento.

Capii, in quel momento, che tu eri fiore di campo, in mezzo a chi ti era cresciuto accanto con altre forme e colori, il campo era un mare pieno di pesci che sapevano convivere in branco, in mezzo alla diversità.

Sé pieno, ma non tronfio, raccontavi una storia e io prendevo appunti, fuori dal campo vedevo solo te.

L’odore del vissuto in mezzo all’incompetenza a vivere mi inebrió la testa, così trovai un motivo per scendere di casa e attraversare una distesa senza aspettare i fiori.

Mi bastò la fantasia a costruire un amore che non era sbocciato ancora, ma non si vendeva come storia di tulipani.

Aurora Ariano

5 risposte a "Storia di tulipani"

  1. La migliore scrittrice che io abbia mai letto… Non so come faccia, probabilmente estraniandosi da questo mondo superficiale, ad ispirarsi in questo modo.. Essere artista nel momento degli artisti, è quasi seguire una moda.. Esserlo quando non c’è ispirazione, è religione..

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    1. È una tensione interiore, un contatto con la natura, con la carne, pensiero pensato prima che possa scorrere e cambiare forma insieme alle nuvole.
      L’abitudine alla bellezza, quella del particolare, dell’imperfezione caratteristica e non stereotipata, può salvare le persone dal senso del niente.

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