La goccia di Chopin

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Rubrica- Non sono Penelope (ma neanche poi così male)

Ci sono delle cose che restano sempre uguali, per esempio il fatto che tutto cambia.

È strano come nell’incedere che svilisce il presente resti la fissità degli eventi di ieri a scandire quelli di domani.

Sotto certi sentimenti si resta schiacciati senza via di scampo.

Sono morta così, come il suono di un tasto di pianoforte, sotto il dito puntato di una storia che ha dettato la nota precisa, poi è sfumata nel vuoto attorno, senza lasciare un’ eco a confondermi le speranze.

Se parlo oggi di tanto turbamento, oggi che la mia vita suona una melodia più armonica e dolce, è perché credo che in tutta questa storia ci sia una nota reiterata con costanza, una goccia fissa ad increspare la direzionalità di una vita che cavalca l’onda del cambiamento.

Chopin compose il Preludio op. 28 n. 15  – conosciuto come “La goccia d’acqua”- nella Certosa di Valldemossa a Maiorca, dove soggiornava con la rivoluzionaria George Sand, ispirato dalla pioggia incessante, di cui riprese la continuità  con il suono in ribattuta della stessa nota.

La Sand, contrariamente a Chopin, era un’anticonformista – non a caso  conosciuta con uno pseudonimo maschile – divorziata e impegnata, con i suoi affari, i suoi vizi e i suoi capricci, fra i quali si annovera lo stesso Chopin.

La sua determinazione la premió con la conquista dello spirito introspettivo del compositore.

La costanza, dunque, condusse al cambiamento, che suonó la stessa nota fino alla loro rottura, una costante nuova che, forse, fu la stessa del principio.

Lo stesso Preludio scandisce un ritmo che pur passando per il contrasto del turbamento centrale, restituisce all’opera finale l’appagamento dell’inizio.

Nel mezzo, una nota costante a creare l’armonia.

Quella che troviamo dentro noi stessi accettando i contrasti di una dualità che ci appartiene, non possiamo essere suono fisso se vogliamo l’estensione.

Forse il mio suono è stato rumore che ha rotto il silenzio, è morto sotto mani tremolanti che non mi hanno toccato con note diverse, affinché io restassi armoniosa senza sentirmi rigida.

Così io non avrei più gridato rumore e loro non avrebbero mollato la presa.

La musica non suona da sola e nemmeno l’amore, necessitano della stessa nota fissa, di mani presenti a seguirne l’andamento e i picchi, di gocce di emozione sentite dentro il corpo, di un “allagamento d’anima”.

Sono stata la mia musica e il mio compositore, ho mischiato il turbamento alla dolcezza, non volevo continuare a essere solo George, ma non mi sentivo completa nei panni di Chopin.

Ho suonato la fissità dell’alternanza, la mia goccia costante, e ho sentito il ritmo incalzante di me dare  senso  a una vita che aveva tutto, ma componeva pezzi.

È la vita stessa la goccia che si riproduce, la vita che ti toglie e ti dà, nelle andate e nei ritorni di una melodia che abbraccia tutti i sentimenti, la paura, la gioia, il tormento.

Mi sono spinta vicino all’infinito, quando ho toccato questo bisogno di dare senza più fermare le mani.

Ho scritto, ho scritto ancora.

Il dito sul tasto e non sono morta più.

Ho visto il sole in faccia, una mattina che aveva rischiarato il cielo e il mio animo si è ispirato, George è tornata Chopin.

Il Preludio, nella  sezione finale,  ritorna alla serenità e io resto suono costante.

La mia goccia si è ricongiunta al mare.

Sento brandelli di infinito chiamare ancora pioggia per leccare le lacrime del mondo e cristallizzarle in gocce.

Sarà la fissità della bellezza il ritmo di fondo.

La voglio scrivere, dispensarla a tutti quanti, cosicché sarà sole per tutti e nessuno vivrà all’ombra della vita, dentro al suono fisso dell’apatia.

Questo il mio preludio partito dall’epilogo, quello di una goccia che ha scavato la roccia per arrivare fin qua.

La pioggia è caduta giù fitta fitta, ho aperto le braccia e ho danzato con l’amore.

Non vedevo più niente attorno, erano scomparsi tutti quanti, il cielo era un soffitto dipinto illuminato da un lampadario grande.

Ho chiuso gli occhi e ho sentito il ritmo costante del cuore, che ha continuato a battere mentre qualcuno alle mie spalle suonava Chopin.

Sono tornata goccia dal mare, ma ormai ho scoperto l’infinito.

Io sono goccia, io sono Chopin.

Aurora Ariano

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