NON SONO PENELOPE (ma neanche poi così male)

 

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Nel tempo delle emozioni che bruciano, delle relazioni che si consumano, delle distanze che separano, dell’amore eterno fino a quello successivo, che significato assume l’attesa?

Penepolpe è un personaggio cardine nell’Odissea di Omero, incarnazione della pazienza, della fedeltà coniugale, dell’amore che supera gli ostacoli.

Certo, l’attesa di Penelope è nutrita dal pensiero di un uomo che la lascia sola in nome della Patria, sebbene qualche avventura distratta annoverata con la maga Circe, ma, in vent’anni, potrebbe avere un ché di lecito.

Anni interminabili a fare  e disfare una tela come stratagemma per non sposare i proci , nutrita dalla presenza del suo amato a riempirle il cuore.

Ma se Penelope fosse una donna reale di questo secolo, come vivrebbe l’attesa?

L’attesa non si consumerebbe nella presenza dell’altro a sostenerne l’assenza, ma nella sua assenza nella presenza.

Vent ‘anni di attesa per ritrovare un vecchio con le sue avventure da raccontare, tutte on line, combattute comodamente dalla poltrona di casa.

L’ attesa di un progetto, l’attesa di una decisione, l’attesa di un sentimento che sembra essersi perso, l’attesa di un incontro, passando le notti a tessere trame su Facebook sfuggendo ai porci, l’attesa del niente.

Penelope starebbe davvero ad aspettare su una sedia il ritorno del signor niente?

Lotterebbe per anni in nome di un amore che vive il tempo come spazio di anni anziché senso di vita?

Un amore che la Maga Circe prende il posto della moglie?

Che i proci sono porci, mascherati da buoni amici o da buon samaritani?

Probabilmente si.

Lei che è il simbolo dell’amore eterno per antonomasia.

Ma io non sono Penelope.

Certe volte  chiedo persino a me stessa una pausa di riflessione.

Non so stare seduta su una sedia per oltre un’ora, per questo ai matrimoni trovo sempre un buon motivo per sgattaiolare fuori a prendere aria fresca.

Io non resto ad aspettare il ritorno di un amore.

Non ho un cane ad annusarne la riconoscenza.

Io che gli anni li ho passati a lottare per qualcosa, io che dell’amore ho creduto alla presenza, io che la sua assenza me la sono portata a letto e sola mi son  trovata, come quando di notte non stavamo abbracciati.

Io non voglio vivere di attese.

Io voglio essere la mia avventura.

Io voglio essere la mia sciagura.

Perché la vita ha senso solo se ci amiamo.

Senza stratagemmi.

Senza pensare al domani.

Senza scusanti per le decisioni che sono mie di diritto, senza paura di pregiudizio alcuno, non sono Penelope, ma non sono nessuno.

Io sono quella che vuole tessere la sua vita senza disfarla.

E se l’amore verrà a bussarmi alla porta, io saprò riconoscerlo.

Sarà quello che spegnerà la luce e mi dormirà accanto.

 

Aurora Ariano

– Benvenuti nella mia rubrica “Non sono Penelope”  dedicata alla donna e alla sua consapevolezza –

 

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