Pezzi di lui

Tante persone entrano ed escono dalla nostra vita: facce che vediamo alla fermata del tram, all’uscita da scuola, al cinema; facce che ci circondano, ma che restano semplicemente facce.

Fino a che, in un giorno qualunque, sotto l’influsso di una buona stella o di una strana casualità, una faccia diventa un volto e il volto viene associato a un nome.

Ed ecco che quell’estraneo, straniero in terra straniera, venuto dal passato con la sua aria vintage, viene avvolto da un’aurea familiare. Misteriosamente familiare. Come qualcuno che non conosci, ma che sai  non potrà farti del male.

I legami d’amore sanno di familiare, ma  a ben vedere sono legami filiali, che vanno nutriti fin da bambini, perché frutto di un legame basato su una scelta e non di una scelta basata su un legame , come quello parentale. Sarà per questo che muoiono il tempo di darli per scontati.

È che quando ci innamoriamo di una persona  in realtà, ci innamoriamo dei suoi pezzi. Mi spiego. La scomponiamo, in un certo senso.

Lui non era lui: era la sua mano che sfregava la barba brizzolata, le sue fossette ad ogni  mezzo sorriso che tagliava il viso vissuto, gli occhi bassi alla voce di un ricordo che risuonava troppo forte nel silenzio.

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L’infatuazione fa dei dettagli la perfezione in senso stretto, facendoci regredire a quell ‘idealizzazione infantile in virtù della quale scindiamo la persona tutta in oggetti parziali, totalmente buoni o totalmente cattivi. Pertanto guardarla con gli occhi dell’ amore vuol dire vedere tutto buono, escludendone i difetti. Come se la persona in questione, proprio come la madre in origine, ne fosse priva.

Solo con il tempo, quando l’idillio è sporcato dal brutto male delle aspettative, la perfezione cede il posto a una visione più realistica dell’altro, come se fossimo d’un tratto capaci di convogliare l’ambivalenza su di lui come persona nella sua totalità .

Lui intero. Lui pregi e difetti. Proprio come il bambino, a detta della Klein, fa con la madre nella fase della “posizione depressiva”, in cui seno disponibile e buono  – seno non disponibile e cattivo, lasciano il posto alla madre.

Come in questa fase l’angoscia del bambino è legata alla paura di aver danneggiato la madre con il suo amore avido e distruttivo, così nella fase che segue l’innamoramento viviamo i sentimenti con un’enfasi spiccata che ci induce ad amare in maniera totalizzante, finché l’amore diviene possesso agli occhi dell’altro.

In genere è a questo punto della storia che si decide se si è pronti a continuare o se l’amore, con i suoi difetti, può aspettare, perché è il momento di altre meravigliose avventure.

Io non ero affamata di possesso e denigravo la libertà . Ero un ibrida.

Orfana di passione e schiava di una libertà che non avevo cercato, mi ero imbattuta in lui.

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Avevo finito le parole, ne avevo sprecate troppe. Cosa avrei potuto più dare? I miei insoliti silenzi a frammentare i discorsi erano il surrogato di emozioni che portavo dentro, come parole già troppo consumate per essere anche solo accarezzate.

Lui mi sorrise, mi sfiorò appena i polpastrelli di una mano, la stessa che stavo usando per tormentarmi una ciocca di capelli.

… “Non dire nulla -mi sussurró- va bene così”…

Era come dire viviamoci questo momento, come se non ci fosse stato ieri, come se non ci fosse un domani.

Aurora Ariano

5 risposte a "Pezzi di lui"

    1. C’è il fascino per il dettaglio dietro ad ogni forma di innamoramento. Un gesto, un sorriso, a volte un’imperfezione. Il primo meccanismo che ci porta ad esplorare l’altro. L’amore viene molto dopo, quando viene. Allora il dettaglio diventa un ricordo, forse tenero, ma niente di più. C’è mistificazione nell’amore, parafrasando una celebre frase di John Cheever

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    1. L’amore, come il fuoco, nasce da una scintilla. Vive se lo alimentiamo senza sosta, ma troppo spesso lo lamentiamo senza sosta. E mentiamo. E non t’amo. Questo, è sempre l’incipit per la fine. Ma si sa, le flebili fiammelle sono destinate ad essere spente alla prima tempesta. L’amore, quello vero, è un incendio che divampa.

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