Questa è la storia di una donna bella.
Certe donne brillano di una bellezza rara, una forza interiore che si traduce in voglia di vivere. Di esistere.Di essere.
Frida, meglio nota come Frida Kahlo, non è fra le artiste più belle di cui si abbia memoria, ma è una delle donne più affascinanti di cui abbia mai letto.
La sua vita può essere considerata un viaggio mistico, che abbraccia corpo e anima, passando per la sofferenza e per l’accoglienza , fino all’accettazione di una condizione, che non ha mai coinciso con la rassegnazione, piuttosto con la sua reinterpretazione.
La progressione dell’anima accompagna la regressione del corpo di Frida, seguendo flussi di andate e ritorni che procedono in parallelo con i flusso della sua arte, che mescola realismo e surrealismo. Quasi ad elevare la condizione umana, frangibile in quanto tale, a una dimensione spirituale, di lettura del proprio mondo interiore.
“Pensavo che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni”.
Figlia della rivoluzione messicana, Frida si forma e si impone per la sua personalità anticonvenzionale, ribelle.
Da ragazzina scopre di soffrire di spina bifide, nonostante la malattia le venga diagnosticata come poliomenite.
Si tratta del primo scontro con una realtà dura da accettarsi, che la costringe a trascinarsi una gamba, quella destra, esile e dolorante, e ad accollarsi l’appellativo di “gamba di legno” . Il bullismo serpeggia già fra gli ambienti scolastici, mettendola muso a muso con i pregiudizi verso i più deboli.
Ma Frida è forte, Frida non si abbatte. Si veste di una gonna lunga, emblema dei suoi futuri ritratti e di un coraggio grande, smisurato. Comincia ad andare in bicicletta, per dimostrare a se stessa e al mondo che la debolezza fisica è inversamente proporzionale allo spessore della sua forza interiore.
Nel 1925 resta vittima di un incidente, il più grave della sua vita. Ha solo diciotto anni quando, all’uscita da scuola, una sfortunata casualità la spinge a scendere dall’autobus che é solita prendere, per aspettare quello successivo. Andando contro a un tram e incontro al suo dolore.
Quell’incidente, in un colpo solo, le dilania l’anima e il corpo, violandole la verginità a causa di un corrimano dell’autobus che le trafigge il bacino, uscendo dal suo stesso sesso. All’incidente seguono trentadue operazioni ed anni di immobilità.
Quando la vita stessa è l’aggressore, il colpevole di un abuso così atroce, il ladro che si insinua in maniera così intrusiva, violenta, nelle pieghe del proprio corpo e della propria anima, a quale Dio ci si può appellare?
Al Dio vita, insegna Frida. Quello che ci uccide e ci salva, in un atto di risurrezione che si traduce nell’accoglienza, nella capacità di contenere il dolore, di scandagliarlo, elaborarlo e trasformarlo.
In un letto a baldacchino, sul quale adagia uno specchio che riesce a riflettere la sua immagine e il suo dolore, Frida impara a conoscersi e a riconoscersi.
Il soggetto principale della sua arte – la cui passione si deve a influenza paterna – è il suo corpo. Nella brutalità dei dipinti, che non risparmiano nulla della sofferenza che si porta addosso, riesce a trapelare un alone di delicatezza: quella di una donna avvolta dalla bellezza della sua consapevolezza. L’idealizzazione di una forza che è donna, di una donna che è vita. Vita vissuta, vita pretesa.
Quando si riesce a mettere in piedi Frida è pronta per esprimere il suo valore di artista, oltre che di donna. Propone le sue opere a un artista murale in voga, Diego Rivera, ben presto suo mentore e compagno di vita.
“Ho subito due gravi incidenti nella mia vita. Il primo è stato quando un tram mi ha travolto, il secondo è stato Diego Rivera”.
Tradita dallo stesso uomo che le fa conoscere l’arte e l’arte dell’amore, Frida estende la sua logica idealizzante anche a questo sentimento, nobilitandolo a sentimento eterno.
La loro relazione è frastagliata da avventure e tradimenti, andate e ritorni, intrecci familiari, fra cui si annovera la storia fugace dello stesso Diego con la sorella di Frida.
Frida sposa il suo Diego due volte, ma non smette di amarlo per tutta la sua vita. Parla del suo amore per lui come di un sentimento che va oltre, nutrendosi di una capacità di “dare” che implica una gratuità che non ha bisogno di aspettarsi nulla in cambio, se non il fatto stesso di esistere.
“È lecito inventare verbi nuovi? Voglio regalartene uno :io ti cielo, così che le mie ali possano distendersi smisuratamente, per amarti senza confini”.
Questa è la storia di una donna bella.
Questa è la storia di Frida Kahlo.
Aurora Ariano