L’amore non muore mai di morte naturale. Muore per disattenzione, per assuefazione, per tutto quello che taciamo rimandando a domani e per tutto quello che diciamo negli unici momenti in cui avremmo dovuto tacere e baciarci.
L’amore muore perché ci arrendiamo alla sua forza distruttiva , esattamente come ci siamo arresi alla sua forza attrattiva.
Gli amori autentici , in fondo, non muoiono mai davvero, piuttosto si assopiscono ,mantenendo la loro fiamma nel profondo dell’anima.
Il resto, relazioni che si definiscono come ammasso di anni di emozioni tiepide,portate avanti per inerzia o convenienza e barattati per il primo momento di “botta di vita” ,che poi è una botta e via,sono solo pavide ombre portate via dal calar del sole.
Sento spesso parlare di incompatibilità di caratteri, quasi come a usare l’intellettualizzazione di fronte a un dogma, quello dell’amore, che non trova mai una spiegazione univoca, non solo nel confronto fra coppie disparate, ma anche e soprattutto all’interno della stessa coppia, che arranca a fatica dietro l’evoluzione della relazione, dentro le cui dinamiche finiscono per perdersi la purezza e la semplicità che l’avevano vista nascere.
Perché se è vero che la vita si complica, le responsabiliá crescono e noi stessi cresciamo a colpi di esperienze forti, è anche vero che la magia dell’amore sta proprio nell’irragionevolezza di un bacio insensato, di uno sguardo che sa di mancanza e di desiderio, come se tutto il resto, per un attimo, non avesse piu importanza.
La non regola è l’unica regola che basta a confutare il senso della l’incompatibilità ,in nome di un sentimento che ,sebbene contempli l’icompatibile come vizio che vizia la purezza della sua natura, è compatibile con le sue virtù .
Questa ambivalenza intrinseca rende sensato l’insensato, avvicinandoci alla comprensione di alcune situazioni, come l’attimo in cui ci vomitiamo parole addosso mentre decidiamo di smontare casa e, subito dopo, ci ritroviamo uniti dall’irrefrenabile desiderio di perderci l’uno nelle braccia dell’altro.
Il “non sento più niente” è quasi una difesa dichiarata, quella di rimanere inermi di fronte a quel “niente” che in realtà è troppo, troppo perfino da gestire, in alcuni momenti.
lmmagino la coppia come un contenitore , contenuto , come per una matriosca, all interno di un contenitore più grande, la famiglia, con le sue dinamiche, che, a volte disfunzionali ,sono le nostre , ci appartengono.
E allora a un certo punto, sopraffatti dal troppo-niente, ce ne tiriamo fuori, come se allontanadoci potessimo scappare dalla nostra storia, da quello che sentiamo nuovamente ogni volta che tutto si ripresenta, anche solo per casualità, davanti ai nostri occhi. Finché non riusciamo a capire, con il senno di poi e con il segno di ora, che noi siamo la nostra storia,le nostre radici, la nostra famiglia, la nostra coppia. In sostanza, la nostra memoria.
Il segreto, forse, è non cercare di scappare da quello che non ci piace né tentare di cambiarlo , ma avvicinarci sempre di più alla sua conoscenza, seguendo mentalmente i suoi flussi evolutivi e regressivi, perché a ben vedere calma e agitazione, andate e ritorni ,appartengono all’amore come al mare. Esiste per caso qualcosa di più profondo ?
Aurora Ariano